CONCORSO: Qual’è l’urgenza? Verso una coscienza sociale comunitaria

SCADENZA: 30/09/2021

Lab27 in collaborazione con Urbanautica (centro studi su antropologia visuale e paesaggi culturale) ha avviato una nuova ricerca centrata sulle urgenze nella sfera del sociale, e finalizzata a selezionare progetti sia per la loro divulgazione che per inclusione nella programmazione espositiva 2021/2022 dello spazio di Treviso. Prima scadenza 30 settembre. Iscrizioni da qui! 


Nell’epoca della fretta, del cambiamento accelerato in cui nulla pare pervenire a maturità e, come scrisse Goethe, si vive alla giornata e non si combina nulla, in un’epoca descritta da individui alla perenne e irrequieta rincorsa del futuro il vero grande assente, paradossalmente, è proprio il tempo. Costretti a pensare ad una velocità crescente, a inseguire verità che stanno nel domani più che nel presente, a diventare noi stessi eventi, ad agire secondo ritmi incalzanti e poco biologici, come possiamo allora affrontare sfide di portata globale, che richiedono un esperienza riflessiva e non speculativa? In questa ipertrofia del progresso diventa forse il tempo la prima urgenza assoluta? In questo scorrimento rapido e impaziente verso l’avvenire cosa ci stiamo lasciando alle spalle? Affetti da crescente angoscia e depressione cosa va recuperato sul piano esistenziale? Esiste una natura umana da salvare? Quale messaggio dobbiamo consegnare alle future generazioni? Dobbiamo abbandonarci alla dissoluzione, continuare a irridere chi crede che il mondo abbia ancora senso, dunque cavalcando un’onda pessimistica della storia, svuotando di prospettiva un orizzonte già oscurato dal nichilismo. Dobbiamo rassegnarci al fatto che le patologie individualistiche della società capitalista ci impedisce di scorgere soluzioni alla catastrofe collettiva. Oggi cosa possiamo aspettarci qualcosa di intelligente dalla classe intellettuale? Quali sono le battaglie? Quali le urgenze? Quali le pratiche?

 

La fotografia come strumento di riproduzione, di indagine, di investigazione, di interpretazione ed essa stessa oggetto di riflessione (più o meno profonda) quale forma di comunicazione, quale fluido scorrimento superificiale di immagini, quale opportunità offre alla formazione della coscienza, alla narrazione delle priorità del mondo? Le urgenze riguardano i diritti o i doveri dell’individuo all’interno di una società? In un mondo di comunità frantumate che lasciano spazio ad apolidi individui in competizione frenetica, in uno spazio dove identità e specificità sono cancellate da una virtualità istantanea, edipica, che divora o banalizza il passato, la fotografia può ancora rispecchiare uno sguardo militante o deve soccombere ad un dislivello prometeico secondo il quale la sua personalità è fagocitata dalla sua immagine? C’è anche spazio per una “paideia”, per una formazione della coscienza sociale comunitaria? Oppure dobbiamo accontentarci di astrazioni, di scetticismi, di dubitare della realtà, di nostalgie infinite, di delusioni filosofiche? Tutto questo induce a considerare le urgenze del nostro tempo.

 

Nel frattempo che in molti si chiedono se la fotografia sia morta, e altre sciocchezze, miliardi di immagini ogni giorno colpiscono il pianeta come una tempesta cosmica. Quindi il tema va invertito: la fotografia non è mai stata così viva, e dobbiamo semplicemente decidere se vogliamo usarla o viceversa se vogliamo essere usati da essa. La breve storia della fotografia è ricca di esperienze interessanti, da quelle più citate (FDA, Documerica, Datar, New York Photo League, Viaggio in Italia) a quelle meno conosciute che coinvolgono migliaia di residenze, approcci “dal basso” e inclusivi, esperienze collettive, paesaggi a piedi, incursioni negli archivi, committenze locali. Tutte pratiche che spesso sfuggono ai radar dei social, della condivisione fugace e banale, del piacere immediato della “simpatizza”. La comprensione delle urgenze non può essere sostituita da un surrogato o da una logica “produttiva/edonistica” orientata al consumo. Al di là del marasma “social”, sono maturate una serie di nuove metodologie, azioni, indagini che mostrano una diversa postura del fotografo e del produttore di immagini.

 

Sempre più progetti e iniziative, anche di guerriglia visiva, stanno portando a ri-considerare il potere aziendale e delle élite capitaliste. Come leggiamo nella dichiarazione del brandalism “La pubblicità aziendale influenza ogni aspetto della nostra vita moderna: da come ci sentiamo riguardo a noi stessi; ai nostri corpi; alla nostra comprensione di genere, razza e classe; fino alle nostre percezioni degli altri e del mondo in cui viviamo. in. La pubblicità non ci vende semplicemente prodotti, ma modella le nostre aspettative su come dovrebbe essere prodotto il significato nella vita”. La pratica di artisti come JR ha aperto ad altre possibilità di osservare e concepire il ruolo delle immagini. Come mettiamo in discussione il ruolo dei dati aperti e della trasparenza all’interno delle informazioni, lo stesso facciamo per la fotografia. Il filosofo Jacques Derrida ci ha ricordato che lo spettro di Marx continuerà ad esistere finché persisterà lo sfruttamento dell’essere umano, quindi possiamo immaginare un ruolo della fotografia e dell’arte finché l’ingiustizia sociale, economica, ambientale continuerà a governare il mondo.


Per partecipare visitare la pagina del concorso.