“In mezzo all’immensa steppa”. Con opere di Michal Chelbin, Sergey Melnitchenko e Andrea Bianco

22 settembre 2023, ore 21:00

Per rivedere il video della presentazione inaugurale cliccare qui  con intervento di Cecilia Patrizzoli (ideatrice e fondatrice di Italy Photo Award). La mostra è aperta la Domenica dalle 16 alle 19 fino a Domenica 26 novembre 2023.


 

Lab27 inaugura il 22 settembre alle ore 21.00 la mostra “In mezzo all’immensa steppa” con fotografie di Michal Chelbin, Sergey Melnitchenko e Andrea Bianco. Spesso ci costruiamo delle immagini, delle sintesi dei paesaggi nostri. Un modo per abitare a parole la geografia. Così fa il poeta Taras Ševčenko per descrivere nel suo Testamento l’identità ucraina a partire da sconfinati campi, dal ruggire del fiume Dniprò, e da quella immensa steppa graffiata dall’impetuoso scorrere delle vite umane e dei loro destini non sempre miti e fraterni. Una mostra che specchia una possibile sintassi della condizione umana.

 

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© Andrea Bianco dalla serie “Grazie, a casa tutto bene”

 

A partire dalle fotografie Andrea Bianco tratte dal suo ultradecennale impegno sociale in Ucraina che lo ha portato a misurarsi con problemi dell’infanzia, disagio sociale, e carenze sanitarie. Il suo viaggio personale tra case-famiglia, orfanotrofi e strutture mediche non ha alcun intento documentario. L’obiettivo primario è valutare situazioni, confrontarsi con persone sul territorio e fare scelte che non sono mai esaustive della sofferenza. Le fotografie di Bianco nascono a fianco di tale impegno con la Ong Children for Future Project, e restituiscono dignità alla lotta umana di tante persone. Testimoniano anche una complicità che viene solo con il tempo, con la paziente immersione, l’ascolto convinto, e la fiducia che non è facile ottenere da chi è in difficoltà. Il valore delle microstorie raccolte da Andrea, e che emergono in superficie attraverso la mostra, e nella pubblicazione “DACHA” grazie al riconoscimento ottenuto dal Premio Editoriale Voglino, va cercato in questa diversa soglia di attenzione. Fotografie come felici conquiste di uno sguardo, gravide di una reciprocità mai banale, e sempre tese al significato frutto dell’esperienza reale. Attimi di umanità sincera. Ne abbiamo bisogno in tempi di guerra.

 

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© Andrea Bianco dalla serie “Grazie, a casa tutto bene”

 

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© Installazione Andrea Bianco dalla serie “Grazie, a casa tutto bene”, Lab27 Treviso, 2023. Foto di Noemi Civiero

 

E di guerra ci parla Sergey Melnitchenko attraverso rovine fatte di carne. Istantanee di macerie tatuate sulla pelle. Corpi sfigurati da un paesaggio segnato di distruzione. E ciò che resta sepolto nella forma di ricordi o steso in un inconscio collettivo che il fotografo ucraino prova a mostrarci, a far emergere dal buio delle coscienze, a illuminare in qualche modo. Sono pagine di storia ci dice, che accomunano le persone, rendendole brutalmente simili. Perché la paura può essere un sentimento collettivo. Ceneri di conflitto sparse sulla memoria di un popolo già tempestata da un decennio di battaglie. Il volto di un paese che diventa tutt’uno con i suoi abitanti. Non siamo mai stati così uniti dice Sergey. E poi aggiunge che il suo di “tatuaggio” non lo ha ancora scelto. Forse sarà quello di Ksenia, la sua amica poco più che trentenne, uccisa assieme a sua madre da un razzo su Mykolaiv. La sua città. Una come altre ormai soggetta alla stessa sorte, l’imposizione di un destino, o “sovrapposizione” volendo riferirsi alla tecnica di proiezione di immagini su corpi impiegata da Melnitchenko. Quello di una terra senza pace. La guerra è dunque un solvente identitario e vale la pena interrogarsi sulle trasformazioni indotte nell’alchimia sociale.

 

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© Installazione Sergey Melnitchenko dalla serie “Tattoos of War”, Lab27 Treviso, 2023. Foto di Noemi Civiero

 

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© Sergey Melnitchenko dalla serie “Tattoos of War”

 

L’identità è tuttavia anche una dotazione personale certo influenzabile dalle condizioni ambientali, culturali o sociali, ma pur sempre distintiva dell’individuo. Michal Chelbin nel suo pellegrinare tra i piccoli villaggi dell’Est Europa, e in particolare dell’Ucraina e della Russia, dove ritrae performers, atleti, ballerine, nani di spettacoli girovaganti. Una stranezza famigliare le accomuna eppure, sembra dirci la fotografa israeliana, tutte manifestano una singolare intimità, carattere, relazione che gioca a sedurre l’osservatore. Ciascuna figura diventa gregaria di Chelbin che filtra la loro presenza esotica per ricondurla con maestria su un piano narrativo che lascia a chi guarda la libertà di deciderne la sorte con fantasia. Una dimensione a tratti onirica, accentuata da colori fiabeschi che spesso contrastano con l’intorno: l’ambiente. E qui sta la forza dell’individuo capace di staccarsi di dosso le etichette del destino, dello strano ordine delle cose, e di adottare comportamenti talvolta ambigui, o non equivalenti ai tratti sociali. Sta qui il merito dell’artista Chelbin, nel riconoscere questo spirito evolutivo che è congenito non solo agli umani, ma alla vita e alla biologia in generale. E ci ricorda ancora una volta che il sentimento è un motore, e che il catalogo stesso dei sentimenti è un alfabeto in divenire. Che la storia non finisce qui.

 

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© Installazione Michael Chelbin dalla serie “Strangely Familiar”, Lab27 Treviso, 2023. Foto di Noemi Civiero

 

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© Installazione Michael Chelbin dalla serie “Strangely Familiar”, Lab27 Treviso, 2023. Foto di Noemi Civiero

 

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© Michael Chelbin dalla serie “Strangely Familiar”

 

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© Michael Chelbin dalla serie “Strangely Familiar”